Ho voluto ancora farla di fine lieto, non temendo che perciò dovesse perdere il nome di tragedia, che non dalle morti dalle stragi e da funesti fini, ma dal corso di fatti grandi e strepitosi e dalla rappresentazione di personaggi reali discende. Né perché abbia Aristotile esemplificata nell'Edipo la perfetta tragedia, perciò non può altramenti, secondo l'opinion del medesimo, che con mestizia finire; perché non ha egli nell'approvazion dell'Edipo condannate l'altre tragedie di Sofocle, Euripide, ed altri divini autori di quel secolo, che alcuna delle loro favole a lieto fine condussero.
Vi sono oltre di ciò altre composizioni più brevi, delle quali alcune hanno già avuta la sorte di passare sotto il vostro nobilissimo sguardo.
Gradite adunque, o signora, questo, qualunque egli sia, lieve dono, frutto delle mie prime fatighe. Da cui non trarrò poco, quando ei sia bastevole a rendermi appresso di voi vivo e sicuro testimonio della mia venerazione ed osservanza.
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A FRANCESCO D'AGUIRRE - TORINO
Roma 14 gennaio 1718.
Il dolore, la confusione e la natural repugnanza a sì funesto ufficio mi scuseranno appo V. S. illustrissima, se nello scorso ordinario non le recai la dolente novella dell'immatura morte del mio caro maestro e benefattore, del fu signor abate Gravina, che Dio abbia in cielo. Fra le lagrime di tutta l'Europa, che farà giustizia a quel grande uomo, so che più giuste non potranno spargersene delle mie, che, dopo essere stato da lui dall'undecimo fino al vigesimo anno dell'età mia con tanto dispendio e contraddizione alimentato e educato, e, quello che maggior tenerezza mi desta, ammaestrato, sono ancor dopo la sua morte rimasto con più vivo argomento dell'amor suo nell'elezione ch'egli ha di me fatta per suo successore nei beni così di Roma che di Napoli.
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Lettere
Parte prima
di Pietro Metastasio
Mondadori Editore Milano 1954
pagine 1548 |
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