- Venga, signor agente di Genova. - Non importa. - Ma se v'è luogo per tutti? - Vede ella? - Vedo benissimo. - Ma mi pare che stia incomodo. - Mi perdoni, sto da re. - Eccoli, eccoli. - Quanti sono? - Sette. - Chi va innanzi? - Il sauro di Gabrielli, ma Colonna lo passa. - Uh, Gesù Maria! - Che è stato? - Una creatura sotto un barbero. - Sarà morta certo. - Povera madre! - Lo portano via? - No, no. Era un cane. - Manco male. - Dica chi vuole, è un gran piacere la forte immaginativa. Io ho veduto il Corso di Roma dalla piazza de' Gesuiti di Vienna. Ora, per passare dal ridicolo al burlesco, io sto tormentato al solito dalla mia tossetta, e non mi resta oramai altra speranza che la buona stagione. Ho finito l'Oratorio, che in qualche maniera verrà a Roma subito stampato. Ho parlato all'ambasciatrice di Venezia per la toilette consaputa, ed è rimasta stupita, perché le avevano scritto d'averla consegnata: sentiremo che rispondono alle repliche della medesima. Dalle nevi e dal freddo che soffrite in Roma argomentate quelli di Vienna. Non passa settimana che non si senta qualche povero villano o passeggere sorpreso dal freddo e rimasto morto per le campagne. Qui per la città si cammina sopra tre palmi di ghiaccio cocciuto più delle pietre. La neve poi, che cade continuamente, si stritola e si riduce a tal sottigliezza che vola e si solleva come la polvere dell'agosto. Eppure vi sono delle bestie che vanno in slitta la notte. Io so che per reggermi in piedi ho dovuto far mettere le sole di feltro alle scarpe, perché in quel solo passo indispensabile che debbo fare per montare in carrozza ho dato solennemente il cul per terra, senza danno però della macchina.
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Lettere
Parte prima
di Pietro Metastasio
Mondadori Editore Milano 1954
pagine 1548 |
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