Giunto poi a poter combinare le idee da me stesso, ed a pesarle nella propria bilancia, più per isvogliatezza e desiderio di varietà che per piacere e profitto ch'io me ne promettessi, lessi finalmente il Goffredo. Or qui non è possibile ch'io le spieghi lo strano sconvolgimento che mi sollevò nell'animo cotesta lettura. Lo spettacolo ch'io vidi, come in un quadro, presentarmisi innanzi di una grande e sola azione lucidamente proposta, magistralmente condotta e perfettamente compiuta, la varietà di tanti avvenimenti che la producono e l'arricchiscono senza moltiplicarla; la magia di uno stile sempre limpido, sempre sublime, sempre sonoro e possente a rivestire della primiera sua nobiltà i più comuni ed umili oggetti; il vigoroso colorito col quale ei paragona e descrive; la seduttrice evidenza colla quale ei narra e persuade; i caratteri veri e costanti, la connessione delle idee, la dottrina, il giudizio, e sopra ogni altra cosa la portentosa forza d'ingegno che invece d'infiacchirsi, come comunemente avviene, in ogni luogo lavora fino all'ultimo verso, in cui mirabilmente s'accresce, mi ricolmarono di un nuovo sino a quel tempo da me non conosciuto diletto, d'una rispettosa ammirazione, d'un vivo rimorso della mia lunga ingiustizia, e di uno sdegno implacabile contro di coloro che credono oltraggioso all'Ariosto il sol paragon di Torquato. Non già che ancor io non ravvisi in questo qualche segno della nostra imperfetta umanità; ma chi può vantarsene esente? Forse il grande suo antecessore?
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Lettere
Parte prima
di Pietro Metastasio
Mondadori Editore Milano 1954
pagine 1548 |
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Goffredo Ariosto Torquato
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