Il mio socratico demone mi avea già fatto pregustare tutto il dolce delle vostre allor future vicende, e ciò fin dal dì che vi piacque di comunicarmi l'idea e gli stimoli di quel viaggio che, differito poi per cagioni a me ignote, avete pur finalmente ridotto ad effetto. Non credo necessario mettermi in ispesa per esagerarvi il mio contento: voi sottile investigatore del cuor degli uomini, e già da lungo tempo pacifico possessore del mio, ne conoscete ogni moto senza che io ve l'accenni. Dirovvi solo, ch'io sono oltremodo superbo che gli antichi miei sentimenti a riguardo del merito vostro vengano ora solennemente approvati dalle pubbliche e magnifiche decisioni di giudice così grande e così illuminato, e ch'io numero fra i fortunati eventi della nostra Patria felice l'esser voi stato eletto a sostenere nel settentrione il decoro delle nostre Muse italiane.
Né quando prima lessi l'ultima vostra lettera in versi, né quando poi replicatamente la considerai, riconobbi l'espressione di Dante, e me ne so buon grado; poiché a dispetto di tutta la mia libertà di pensare, il peso di tanta autorità avrebbe per avventura potuto sedurre il mio giudizio. Or poiché non v'è più tempo di affettar modestia, protesto francamente che né Dante né Omero medesimo né tutta la poetica famiglia farà mai piacermi quella metafora, delle mani del cielo e della terra. La metafora, a creder mio, dee condurre l'intelletto al positivo per la via di qualche viva e bella immagine, e la povera mia fantasia è miseramente confusa quando intraprende d'attribuir le mani al Cielo ed alla Terra, ed il mio intelletto suda a dedurre da una immagine così enorme il nudo senso dello scrittore.
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Lettere
Parte prima
di Pietro Metastasio
Mondadori Editore Milano 1954
pagine 1548 |
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