Il mio ritratto per voi è partito da Vienna col principe Trivulzi fin da' principii d'ottobre. Questo cavaliere ha voluto caricarsene, e l'ha portato seco a Venezia per indi incamminarvelo con sicurezza. Non so di qual via siasi valsuto; ma possiamo riposare su la sua diligenza e su la vera premura ch'egli aveva di favorir me e di compiacer voi. Chi sa che all'arrivo di questa lettera io già non sia fra le vostre mani, e forse assistente alle lezioni della bella Armida; alle quali interverrebbe assai volontieri l'originale.
Farei troppo torto al bel core del mio caro gemello raccomandandogli di nuovo il mio affare: sento con quanto affetto si esprime, e so che l'animo suo non è capace d'assumere il vergognoso carattere di venditor di fumo che abbonda nelle corti. Rifletto a quello ch'io per lui farei potendo, e non dubito ch'egli farà altrettanto per me, assistito dalle circostanze in cui si trova. La scusa dell'esempio che vi è stata opposta da Napoli è facile a rigettare: vi sono tre maniere giustissime per evitare che il caso mio serva d'esempio ad alcun altro. In primo luogo si può esprimere nel dispaccio, che mi si rende la percettorìa per la medesima ragione per la quale si sono resi agli altri gli uffizi che possedevano con titolo oneroso, cioè avendoli comprati. E non si dirà bugia: la percettorìa non fu ottenuta da me per dono gratuito, ma in compenso di soldo promesso e non pagato; e se non è denaro la mercede convenuta delle altrui fatiche, quali saranno i capitali di noi altre povere cicale?
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Lettere
Parte prima
di Pietro Metastasio
Mondadori Editore Milano 1954
pagine 1548 |
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