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      Il dono non è degno di lui:
     
      Né che poco io vi dia da imputar sonoSe quanto posso dar tutto vi dono.
     
      Poiché ingannato dall'amicizia siete trascorso ad ingannar l'Altezza Sua sul merito dell'Attilio, guardatevi ora di secondarla a disingannarsi. Costerebbe troppo il disinganno a chi sarà sempre.
     
     
     
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      A GIOVANNI CLAUDIO PASQUINI - DRESDA
     
      Vienna 1 Marzo 1749.
     
      La carissima vostra del 17 del caduto mi ha veramente consolato con la certezza che non vi siate formalizzato della libertà colla quale ho trattata la vostra canzone; ma io aveva torto di dubitarne. Voi mi conoscete abbastanza per esser persuaso che la critica in me non può essere che spirito di vera amicizia. Io so che voi mi dimandate parere non come la maggior parte fanno per esiger lodi, ma per esser più sicuro col voto d'uno del mestiere; ed avrei un troppo gran rimorso se non vi aprissi tutto il cuor mio anche a pericolo di dispiacervi. Siccome io pongo fra i più considerabili de' meriti vostri cotesta non comune a' poeti esemplare docilità, non dovete lasciar voi di contar fra i miei in contraccambio l'eroico sforzo che mi bisogna per obbedirvi, ogni volta che un vostro comando di questa fatta mi metta nella dubbiosa scelta o d'ingannarvi o d'offendervi. Ma veggo come voi pensate: onde si può avventurar con esso voi ciò che non si potrebbe con altri.
      Partì giovedì mattina il nostro caro Venturino alla volta di Dresda. Vi porta egli una mia copia dell'Attilio Regolo per S. A. R. il principe elettorale. Parlando con l'augustissima padrona giorni prima per altre faccende, mi riuscì di far cadere casualmente nel discorso il desiderio di cotesto principe mio protettore e di ottenere la facoltà di fare un libero uso di questa opera; quindi io la mando in libero dono a S. A. elettorale che la pubblichi, la faccia recitare, la nasconda, o l'impieghi in quella forma che gli piacerà. Mi pareva una villania mandare un'opera mia a tal personaggio con limiti e restrizioni.


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Lettere
Parte prima
di Pietro Metastasio
Mondadori Editore Milano
1954 pagine 1548

   





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