Il primo in cui nell'uscir dall'incantato palagio casualmente s'avvenne fu uno di quei leggiadri animaletti, tanto dal popolo eletto ingiustamente aborriti, che deliziava sdraiato nel fango d'una pozzanghera non addormentato né desto. Gridò da lontano nel vederlo Ulisse e dimandò s'egli fosse de' suoi compagni. Alzò quegli, non già alle prime voci, lentamente il muso, e come chi vuol presto liberarsi da un importuno, in secchissimo stile spartano articolò fra i non ben distinti grugniti la patria ed il nome suo. Oh dolce amico (esclamò l'altro riconoscendolo), rendi grazie agli dei: son terminate le tue miserie; oggi riprenderai l'umana sembianza, oggi farem vela insieme alla volta di Grecia. Come? Perché? rispose lo spaventato animale: a cui palesò brevemente Ulisse la grazia da Circe ottenuta per se medesimo e per qualunque de' suoi compagni seguitar lo volesse. Rasserenossi all'udir che dipendea dal suo arbitrio il restare o il partire il trasformato Greco: ed augurò cortesemente un buon viaggio al suo duce. Questi non ben persuaso ch'ei parlasse da senno il dimandò se scherzava: scherzerei, riprese l'altro, s'io dicessi di voler venir teco. E mi credi, Ulisse, così dolce di sale ch'io mi risolva ad abbandonar volontariamente le sicure e reali delizie di questa tranquilla vita ed il pacifico consorzio degl'innocenti miei pari per immergermi di nuovo fra gl'infiniti malanni della condizione umana e per viver sempre tremando fra voi altri malvagi? Cerca d'ingannar qualcun altro: io non son così gocciolone.
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Lettere
Parte prima
di Pietro Metastasio
Mondadori Editore Milano 1954
pagine 1548 |
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