E già che siamo in questa scena, io vi prego di correggere l'originale da me mandato, nella maniera seguente. V'è un senso che nel rileggerlo presentemente mi è paruto bisognoso di chiarezza:
... Ah! no. De' viliQuesto è il linguaggio. Inutilmente nacque
Chi sol vive a se stesso; e sol da questoNobile affetto ad oblïar s'impara
Sé per altrui. Quanto ha di ben la terraAlla gloria si dee: ecc.
Benché nel corso dell'atto terzo non meno che negli altri due vi sian de' luoghi da me negletti, che potrebbero opportunamente essere accompagnati da' violini, a me pare che non renda conto il ridurre troppo famigliare questo ornamento, e mi piacerebbe che nel terzo atto particolarmente non si sentissero istrumenti né recitativi sino all'ultima scena. Questa è prevenuta dallo strepitoso tumulto del popolo che grida:
Resti, Regolo resti.
Il fracasso di queste grida deve esser grande perché imiti il vero, e per far vedere qual rispettoso silenzio sia capace d'imporre ad un popolo intiero tumultuante la sola presenza di Regolo. Gl'istrumenti debbono tacer quando parlano gli altri personaggi, e possono, se si vuole, farsi sempre sentire quando parla il protagonista in quest'ultima scena, variando per altro di movimenti e di modulazione, a seconda non già delle mere parole, come fanno, credendo di fare ottimamente, gli altri scrittori di musica, ma a seconda bensì della situazione dell'animo di chi quelle parole pronuncia, come fanno i vostri pari. Perché, come voi non meno di me sapete, le parole medesime possono essere, secondo la diversità del sito, ora espressioni di gioia, or di dolore, or d'ira, or di pietà. Io spererei che uscendo dalle vostre mani non potesse, tanto recitativo accompagnato sempre dagl'istrumenti, giungere a stancare gli ascoltanti.
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Lettere
Parte prima
di Pietro Metastasio
Mondadori Editore Milano 1954
pagine 1548 |
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Regolo Regolo
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