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      E per nostra disgrazia il mestiere di noi altre povere cicale di Parnaso ci avvezza molto più a dire che a far bene. Ma tutta questa omelia è già fuori di stagione: consideratela per un trascorso del mio dolore. Io vi piacerei più se prendessi minor parte nel vostro caso. Figuratevi ch'io sia quel padre di Molière che agitato alla nuova della cattività del figliuolo risponde ad ogni proposta: Que diable avoit-il à faire dans cette galère? Voi dimandate il mio aiuto; ma ottenendolo tutto, siccome io vi prometto, voi conseguite assai poco. Nulladimeno, persuaso della mia debolezza, non istarò però con le mani a cintola, procurerò di stimolare almeno l'efficacia de' forti a porgervi mano. Vi confesso intanto che avrei molto più coraggio se mi fosse permesso d'attigner l'acqua dalla sorgente: ivi è limpida e aperta, qualità che non conserva ne' suoi canali.
      Che la real principessa sia occupata nella traduzione del mio Attilio, è ancora un segreto per me. Ella mi ha fatti bensì capitare molti suoi lavori poetici; e, senza mischiarvi adulazione, io sempre più mi meraviglio che, a dispetto della delicatezza del sesso e della soma di cui l'aggrava il suo grado, abbia saputo tant'oltre rampicar sul Parnaso.
      Tutte le lettere di Dresda assicurano la fortuna dell'Attilio. La più distinta è l'approvazione del re, che ne sa gran parte a memoria e non ha voluto ch'io l'ignorassi. Si è degnato di farmi insinuare che gli sarebbe sommamente piaciuto ch'io fossi presente ad alcuna almeno delle rappresentazioni; e, a dispetto delle impertinenze de' nervi miei e dell'orrido inverno che quest'anno imperversa più del costume, avrei ceduto alla mia per altro scusabile vanità, se tutta la facoltà medica e le grida degli amici non mi avessero mio malgrado trattenuto.


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Lettere
Parte prima
di Pietro Metastasio
Mondadori Editore Milano
1954 pagine 1548

   





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