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      Quando Alessandro distrusse la città di Tebe lasciò intatta la sola casa di Pindaro: l'esempio è ben degno dell'imitazione d'un gran principe: ancorché il paragone zoppichi troppo dal canto mio.
     
      MEMORIA
     
      L'anno che precedé all'ingresso delle armi spagnuole nel regno di Napoli, l'imperator Carlo VI (in compenso di una parte di soldo convenuta e non pagata) concesse all'abate Metastasio la Percettoría di Cosenza: della quale fu egli poco dopo spogliato da' nuovi possessori di quel regno: onde perdé l'ufficio ed ottocento e più ducati di spedizioni. Ora che la conclusa ed eseguita pace rende finalmente all'Europa la sospirata tranquillità, fa l'abate Metastasio umilissima istanza d'esser rimesso in possesso della Percettoría suddetta, con la solida ragione d'averla egli ottenuta da un principe che nel tempo che a lui la concesse era riconosciuto per legittimo padrone del regno di Napoli con tre solenni trattati da' presenti possessori medesimi: e con l'altra di non aver potuto per alcuna via meritare il supplicante un così severo castigo. Quando non se gli attribuisca a delitto l'essersi trovato in servizio dell'imperator Carlo VI nel tempo delle passate turbolenze: servizio per altro ch'egli ha prestato non già in campagna o in gabinetto, ma in un innocente mestiere, che per consenso di tutti i secoli non si è mai risentito delle dissensioni de' grandi. La benefica clemenza del re delle due Sicilie potrebbe per avventura esser trattenuta dal riguardo di non dar un tale esempio: ma in primo luogo è da considerarsi che altri uffici di questa specie si sono restituiti in Napoli dal presente Dominio a chiunque ha potuto provare di possederli titulo oneroso: e che se la mercede delle fatiche altrui non si vuol contar per denaro, non rimane di che sussistere a chi non ha altro capitale che le proprie fatiche.


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Lettere
Parte prima
di Pietro Metastasio
Mondadori Editore Milano
1954 pagine 1548

   





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