Mi guardi il Cielo d'un tale sproposito. Voi siete le nostre deità, e le deità non rendono conto ai poveri mortali delle ragioni per le quali ad essi si mostrano o benefiche o avverse. In secondo luogo l'esperienza insegna che le picche sono di quelle cose nelle quali tocca a noi sempre il disotto: e finalmente io non ignoro che quando ancora e il vostro torto e la nostra ragione fossero incontrastabili, avete sempre in mano di che rendervi creditrici.
Ed infatti (benché disprezzato ed offeso) qual Tartaro, qual Moro potrebbe resistere alla gentilezza seduttrice dell'ultima vostra obbligantissima lettera? Per non lasciarmi veruna difesa, vi valete de' miei versi medesimi, e mi assalite con le mie armi, rese più efficaci nelle vostre mani. Bastava molto meno per vincere. Ma voi non vi compiacete di vittoria senza trionfo. Io non pretendo di contrastarvelo. Anzi non formare altri voti se non che duri lungamente (quanto è possibile) questa vostra favorevole disposizione. Se da qualche novella Nice (che il Ciel me ne guardi) io mi sentirò mai per mia disgrazia inspirato, ubbidiente agli ordini vostri, io non vi tacerò le mie inspirazioni e vi farò religiosamente parte di qualunque aborto poetico ne venisse prodotto. Ma il caso è difficilissimo, anzi io lo spero impossibile. Sappiate ch'io non sono stato marinaro di professione, che non ho mai aspirato alla gloria temeraria d'Americo Vespucci e di Cristoforo Colombo, celebri ritrovatori di nuovi mondi. Io ho adottato il genio di quei cauti pescatori, che non si dilungano dalla sponda e non tentano acque sconosciute.
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Lettere
Parte prima
di Pietro Metastasio
Mondadori Editore Milano 1954
pagine 1548 |
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