Vivano i nostri generosi e magnanimi sovrani. Essi non lasciano ozioso il più bel pregio del quale la Provvidenza ha resa adorna la condizione de' loro pari, cioè a dire l'invidiabile facoltà di beneficare ed il non avere (come noi abbiamo) chi possa prescrivere limiti alla loro beneficenza. Io sono così vostro e credo voi così mio, che parmi d'essere a parte e delle grazie reali che vi piovono intorno e della gratitudine di cui deve esser ripieno il core del mio caro gemello per così adorabili benefattori. La moderazione dell'animo vostro in mezzo a così luminosi favori della fortuna prova che non li avete usurpati: non bisogna virtù minore a non lasciarsi trasportar dal prospero vento, che a resistere al contrario: anzi io credo molto più difficile il tener l'animo in assetto in mezzo alle fortune che alle disgrazie: fra le prime tutto congiura a sollevarci, ma fra le seconde per lo più la necessità ci accompagna: maestra eccellentissima d'una eroica sofferenza. Io che ne ho ascoltate assai frequentemente l'esortazioni, so con quale autorità persuade. Non potevate darmi né più caro né più sicuro pegno dell'amor vostro dell'obbligante affettuosa cura d'informarmi così minutamente voi stesso della solenne funzione. Io so come son preziosi i vostri momenti e conosco il giusto valore di quelli che la vostra amicizia v'indulge a sagrificarmi. A queste prove come dubitar della vostra tenerezza? È principio il più sicuro fra tutti gli assiomi amorosi che l'impazienza di comunicarsi a vicenda e le gioie e gli affanni è la più dolce premura di veri amanti, e fra i moti interni che produce e l'amicizia e l'amore non v'è altra differenza se non che gl'impeti dell'uno sono ragione dell'altra.
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Lettere
Parte prima
di Pietro Metastasio
Mondadori Editore Milano 1954
pagine 1548 |
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Provvidenza
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