Con tutto che l'opera si consegni con questa lettera nel medesimo momento al suddetto signor de Azlor, temo moltissimo che non vi giungeranno insieme: perché se non vi è pronta qualche spedizione di corriere della vostra o della nostra Corte, l'opera dovrà aspettarla per non dar troppo guadagno alla posta; ma quando questo inconveniente succeda, voi vedete ch'io non vi ho colpa.
Quando avrò terminato l'Adriano, tornerò a pensare alla "Festarella" che vorreste. Tornerò, dico, a pensarvi, benché in mezzo ai miei malanni vi ho sempre pensato. Ma non ho trovata idea che mi contenti. Queste picciole fanfaluche sono più difficili per l'invenzione che non sono le grandi; e se ne volete una pruova, osservate che fra le opere antiche se ne ritrova pure alcuna soffribile; ma fra tutte le antichità teatrali non v'è neppur una serenata, una festa, un oratorio che non sia insopportabile. Ho un pensieruccio mal digerito, nel quale mi pare che potrei trovar due parti bene adattate alla Mingotti ed alla Castelli: ma per ora lo scaccio come una tentazione per non confondermi. Sfornato che sarà l'Adriano, mi applicherò a mutarlo in quantum metastasiana fragilitas patitur.
Voi non mi consolate punto con la rassomiglianza dell'incomoda vostra salute. So che la rassomiglianza è cagione d'amore; ma io non voglio essere amato per questo verso. La tolleranza de' malanni in me non è sufficiente, se ho da tollerare i vostri ed i miei; onde pensate assolutamente a star bene, perché così non mi torna a conto.
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Lettere
Parte prima
di Pietro Metastasio
Mondadori Editore Milano 1954
pagine 1548 |
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