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      Non v'è bisogno di tanta realità per dilettarsi. Qual cosa più vana d'un sogno? eppure vi fa passar qualche ora contento. Qual cosa più fallace d'una scena? eppure vi trattiene, vi rallegra, vi rapisce colle sue superficiali apparenze. Chi non vuol che il midollo de' piaceri, perde il buono cercando l'ottimo, e mentre compiagne l'altrui, fabbrica la propria infelicità. Io mi rido di quei vostri cicaloni de' Greci, che asseriscono magistralmente che la felicità dell'uomo consiste nel carere dolore: se l'assioma stesse a martello sarebbe più invidiabile ogni pilastro, ogni palo, che Aristotile, Platone e tutta la socratica famiglia. Non vuo' per altro che mi crediate così svogliato in tutto. Io sono sensibilissimo alla tenerezza de' miei e particolanmente a quella de' vostri pari; onde non siate avaro di nutrimento all'unico appetito che mi è rimasto, sicuro di essere contraccambiato da quella rispettosa e tenera costanza, con cui non lascierò mai d'essere.
     
     
     
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      A GIOVANNI CLAUDIO PASQUINI - SIENA
     
      Vienna 18 Giugno 1753.
     
      Mi ha afflitto, ma non sorpreso la gratissima vostra del 4 del corrente. Io so pur troppo che il bisogno corre più sollecito che i soccorsi, e che chi non se lo sente alle spalle non s'affretta al pari di chi n'è preso. Io procuro di non esser nel numero degl'indolenti, e provo sensibile rammarico nell'inutilità delle mie premure, che per altro non rallento.
      Ho messo alle coste del signor conte di Richecourt i due coniugi Canali: l'un dopo l'altro perché il colpo sia replicato, ed io gli son caduto addosso per terzo.


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Lettere
Parte prima
di Pietro Metastasio
Mondadori Editore Milano
1954 pagine 1548

   





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