Gradite le mie premure, benché io mi lusinghi che il mio caro gemello non abbisogni di nuovi argomenti per esser convinto della mia interna compiacenza nel secondarlo.
Son minacciato d'un'opera nuova per la nostra Corte. Il peggio dell'affare è che non è possibile prepararsi con comodo. Il far abiti senza conoscere chi dovrà portarli è mestiere da ebreo, e io non so né deggio farlo assolutamente. Noi non abbiamo attori al soldo della Corte, sopra alcuno almeno de' quali si potesse fondare un carattere; e quelli che han da venir fuori, ancorché siano più che mediocri, son sempre impegnati qualche anno innanzi, onde bisognerebbe usar la previdenza del mio caro gemello, che non aspetta mai a farsi il mantello quando incomincia a piovere. Questa cura del futuro non è droga di questo terreno; onde o non si farà opera, o si farà in fretta da' quei musici che saran rimasti nel crivello degli altri teatri; e allora o non sarà possibile di scrivere opera nuova, o converrà scriverla con quella fretta che fra noi altri mortali è distruttiva del buono, perché il fiat lux, et facta est lux è caccia riservata all'onnipotenza.
Con lettera del nostro signor Ridolfi degli ultimi di decembre ho sentito che la vostra salute abbia sofferta qualche tempesta al ritorno dall'Escuriale, e che non fosse ancora perfettamente in calma. Mi ha afflitto la notizia, come ha diritto d'affliggermi tutto ciò che vi affligge. Ma, caro gemello, perdonate alla mia tenerezza la libertà di dirvi che, secondo le mie relazioni, voi avete un poco di colpa ne' vostri incomodi.
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Lettere
Parte prima
di Pietro Metastasio
Mondadori Editore Milano 1954
pagine 1548 |
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Corte Corte Ridolfi Escuriale
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