Pace, pace, signor marchese: s'ella non si propone altra vittoria che l'infiammarmi di desiderio di rivedere il Tarpeo, io era già vinto prima d'esserne assalito.
Amo la patria, mi sovvengo degli amici, ho tenerezza per i congiunti, non sono esente dalla vanità de' miei pari, e mi propongo come la somma di tutte le felicità quel sospirato bacio ch'io sempre mi lusingo di poter pure una volta imprimere sul santissimo piede. Ma chi, riveritissimo signor marchese,
Ma chi tutto può far quel che desia?
Del Papa si può dire omnia potest, ma non già d'un povero insetto del Parnaso come son io, obbligato a misurare esattamente i desiderii con la facoltà. S'ella crede per avventura ch'io abbia cento destrieri sulle rive dell'Istro, come gli aveva Alessandro Guidi su quelle dell'Alfeo, onora troppo la mia scuderia che non è di gran lunga così magnificamente fornita: oltre di che il mio viaggio dovrebb'essere per terra, e quegli non vanno che su le nuvole. So che ad un cavaliere che ha meritato con le sue peregrinazioni la lode d'Omero ad Ulisse, qui mores hominum multorum vidit et urbes, parranno degne di riso le difficoltà ch'io ritrovo nel viaggetto di Roma; ma conviene in primo luogo ch'egli consideri ch'io non son più in quell'ardente età per la quale gl'incomodi sono il fondamento del piacere; e che l'altra, in cui mi trovo, esige di non iscialacquare imprudentemente quel vigore che le insidie del tempo ci van pur troppo di giorno in giorno scemando. Aggiunga che quasi ab immemorabili io sono uccello di palazzo e non di bosco; che vuol dire accostumato agli agi, ai ripari, e inabile ormai a svolazzare così alla ventura, esposto a tutte le ingiurie delle stagioni; onde per condurmi a salvamento convien trasportarmi con la mia gabbia, col mio abbeveratoio e con chi di me prenda cura.
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Lettere
Parte prima
di Pietro Metastasio
Mondadori Editore Milano 1954
pagine 1548 |
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