Oh che terribile fatica! io grondo di sudore da capo a piedi. Non vi venga mai più la voglia di mettermi a simil cimento. Io non ho mai né scritto né parlato spagnuolo, e de' moltissimi libri che ho letti la maggior parte sono stati poeti: onde la mia prosa non è possibile che si difenda affatto delle infezioni fantastiche del Parnaso. Basta, non si arrischia molto con un amico come voi siete. Quando ancora la mia retorica vi faccia ridere, son sicuro almeno che avrete la carità di rider solo.
Vanno perfettamente d'accordo i vostri co' conti miei: onde a tutto giugno passato io rimango vostro creditore di scudi ottocento sessantadue e baiocchi settantacinque e mezzo. Buon per me che non usa il far bilancio degli scambievoli favori, de' quali fan commercio fra loro i buoni amici: voi m'avreste fatto fallire da lungo tempo.
Non vi rallegrate, né vi affliggete molto, caro amico, sulla scelta de' drammi che sarà per dare cotesto teatro: i cantori d'oggidì si sono dimenticati affatto che l'obbligo loro è d'imitar la favella degl'uomini col numero e coll'armonia; anzi credono allora esser valent'uomini quanto più si dilungano dalla natura umana. I loro archetipi sono i rosignuoli, i flautini, i grilli e le cicale, non le persone e gli affetti loro: quando han suonata con la gola la loro sinfonia credono aver adempiti tutti i doveri dell'arte. Quindi lo spettatore ha sempre il cuore in perfettissima calma, e non aspetta dagli attori che la sua grattatina d'orecchie. Per ottener questo fine non v'è bisogno di buoni drammi: anzi il mio voto sarebbe che si bandissero affatto dal nostro Teatro non solo tutte le parole ma l'alfabeto intiero: alla riserva d'un paio di vocali.
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Lettere
Parte prima
di Pietro Metastasio
Mondadori Editore Milano 1954
pagine 1548 |
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Parnaso Teatro
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