Non v'è cred'io impresa che tanto si risente de' capricci della Fortuna quanto una rappresentazione drammatica in musica, o (per ispiegarmi più chiaramente) che si trovi sottoposta al concorso ed alle combinazioni di così numerosi, minuti ed impensati accidenti, che sfuggono alle ricerche del calcolo più esatto e prudente. Ma questa materia, come voi ottimamente riflettete, avrebbe bisogno della vostra vicinanza: onde non facciam divenir trattato una lettera. Abbracciate vi prego per me del mio caro Jomella tutta quella porzione che potete: assicuratelo della mia tenerezza e della mia stima, comandatemi e credetemi a qualunque prova.
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A FILIPPO VANSTRIP - ROMA
Vienna 18 Aprile 1757.
Fra le più care ed onorate memorie ch'io conservo della mia patria è stata sempre la viva idea dell'amabile ed illibato carattere del mio signor Vanstrip, ed egli mi rende giustizia se suppone che non abbia essa sofferta alterazione alcuna in una così lunga cessazione di commercio. Son oggi mai così rari gli uomini della specie ch'io mi auguro, nella scelta degli amici, che non corrono alcun rischio di disperdersi nella folla quei pochi che la mia buona sorte mi ha permesso di rinvenire. Una convincentissima prova della felicità del mio giudizio in tale scelta è la sua costanza in amarmi fino al segno d'obbligar le sue Muse ad accarezzar così parzialmente le mie.
La mia Beroe non credo che meriti il suo bel sonetto: e non m'affliggo di tal credenza, perché quanto ad essa si scerna di merito, tanto si accresce di peso all'amicizia che l'ha prodotto.
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Lettere
Parte prima
di Pietro Metastasio
Mondadori Editore Milano 1954
pagine 1548 |
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Fortuna Jomella Vanstrip Muse Beroe
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