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      Queste sono le sole occasioni nelle quali mi risento con rincrescimento della mia troppo limitata facoltà che mi promette assai poco, quantunque interamente impiegata. Ma è rincrescimento assai per me più sensibile quello di non poter secondar come vorrei il suo primo comando, al quale mi fa rispondere in secondo luogo la repugnanza di disubbidirla. La natura, la stanchezza da me contratta nell'essere obbligato da qualche tempo in qua d'andarmi rampicando continuamente, senza respiro, in Parnaso, e più l'attuale mio lavoro nell'esecuzione d'un nuovo frettoloso comando della mia augustissima padrona, sarebbero soprabbondanti cagioni alla sua discretezza per compatirmi, ma facilmente superabili dalla mia avidità di servirla; ma l'ostacolo assolutamente invincibile è quello che ha più profonde radici e ch'io esporrò brevemente. Quando io fui onorato dell'impiego in cui mi trovo in questa cesarea Corte, mi avvidi subito che i faticosi doveri di questo non mi lasciavano ozio onde prestarmi alle richieste straniere e particolarmente alle numerose raccolte, le quali non so quanto onorino la fecondità del felice terreno della nostra Italia: e con una così solida e ragionevole scusa, per il corso ormai di trentasei anni ho costantemente negato di poter eseguire questa specie di comando a qualunque sorte di persone, grandi, picciole, venerabili e care. V. S. illustrissima e reverendissima creda che il primo esempio d'infrazione d'una legge che ho dovuto imporre a me stesso mi tirerebbe addosso la giusta indignazione di quanti sono stati da me fin'ora negletti.


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Lettere
Parte seconda
di Pietro Metastasio
Mondadori Editore Milano
1954 pagine 1264

   





Parnaso Corte Italia