Deponga, riveritissimo signor cavaliere, l'obbligante desiderio di vedermi. Io son pittura da cupola, da non mostrarmi che di lontano. Ella per avventura scoprirebbe vicino le molte mie imperfezioni che ora si perdono in tanta aria che ci divide. Creda peraltro che cotesta sua affettuosa sollecitudine esige con usura da me il più sensibile contraccambio.
Appagherebbe la mia ambizione e mi sarebbe a mille titoli gratissima una regolare corrispondenza con essolei, ma ben pochi istanti della mia vita, gentilissimo signor cavaliere, io son mio. Oltre i miei piccioli privati affari e le irregolarità di mia salute, son forzato ogni momento a rampicare in Parnaso, ed a comparire un Titiro o un Melibeo co' miei amici più venerati e più cari, che involontariamente trascuro. È dura la mia condizione, ma non potendo accomodare a me il corso delle vicende umane, conviene ad ogni modo ch'io m'accomodi ad esso.
Arrossisco da molto tempo di meritar così poco la dichiarata parzialità del dottissimo signor Lami: quando le cada in acconcio, mi farà cosa gratissima se non gli lascierà ignorare e l'alto pregio in cui con tanti e tanti rivali io lo tengo, e la sincera gratitudine che non cesserò mai di professargli.
Al dotto ed obbligante gentiluomo inglese, a cui sono debitore della mia metamorfosi in albero, dica ch'io gli auguro per riconoscenza molti autunni e molte primavere, ma ricche di più eletti fiori e di più saporite frutta di quelle ch'io so produrre. E desiderandomi facoltà di servirla, rispettosamente mi confermo.
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Lettere
Parte seconda
di Pietro Metastasio
Mondadori Editore Milano 1954
pagine 1264 |
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Parnaso Titiro Melibeo Lami
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