Veramente sin dal primo matrimonio del nostro presente imperatore io ho dovuto sempre andarmi rampicando in Parnaso, e per lo più senza respiro fra l'uno e l'altro viaggio. Dopo aver ripieni di fanfaluche canore almeno dieci volumi, io non ardiva di promettermi ancora la tolleranza del pubblico; onde le favorevoli accoglienze che ne hanno esatto Romolo ed Ersilia mi consolano come un frutto dei miei sudori molto superiore alle mie speranze. La vostra approvazione mi piace, e ve ne sono grato: ma un giudice così amico mi lascia nel dubbio di non meritarla. Mi solletica assai più (sia detto con vostra pace) il favore delle spiritose ninfe della Dora, del quale, secondo che voi mi asserite, io posso esser superbo. Queste non possono (per mia disgrazia) essere sedotte, come voi siete, da parzialità personale verso l'autore; e, dove si tratti di tenerezza e d'affetti, sono giudici pratici e competenti assai più d'Aristotile e di Platone.
Non trascurate di rendere le dovute grazie a nome mio ai due dotti e gentili cavalieri padre e figlio, i quali tanto onorano gli scritti miei. Confido alla vostra amica eloquenza tutto il peso di esporre loro i miei grati e rispettosi sentimenti.
Ho alcun componimento inedito, ma non posso farne parte a cotesta Stamperia Reale, perché sono scritti per le serenissime arciduchesse: non sono ancora prodotti; e sa il Cielo quando o se mai si produrranno, attese le funeste circostanze della nostra Corte. Vi avverto peraltro che io sono stato obbligato a scrivere una non breve serenata per le nozze del principe delle Asturie.
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Lettere
Parte seconda
di Pietro Metastasio
Mondadori Editore Milano 1954
pagine 1264 |
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