Il nostro popolo, avvezzo a rallegrarsi in teatro, esigeva qualche riguardo da' poeti che volevano accostumarlo al severo della tragedia. Quindi conveniva somministrargli ne' drammi qualche situazione, se non comica affatto e scurrile, almeno festiva e ridente, ed in tali situazioni è impossibile che lo stile che le seconda non iscemi alquanto dalla tragica austerità. Uscito appena dalla mia prima adolescenza, io non mi credea permesso l'ardire di urtar di fronte il gusto popolare; onde procurava di compiacere i miei giudici anche a dispetto della natural repugnanza. L'esperienza poi mi ha convinto che il popolo è molto più docile di quello che comunemente si crede; ond'ella troverà ben pochi esempi di cotesta mia compiacenza, e questi unicamente in alcuno de' primi miei drammi.
Se queste, non già difese ma piuttosto scuse e ragioni, non bastano a giustificarmi appresso di lei, io ricorro alla protezione di quel medesimo Orazio col quale ella mi riconviene:
Sunt delicta tamen, quibus ignovisse velimus:
Nam neque chorda sonum reddit, quem vult manus et mens:
Poscentique gravem persaepe remittit acutum:
Nec semper feriet quodcumque minabitur arcus.
Verum ubi plura nitent in carmine, non ego paucisOffendar maculis: quas aut incuria fudit,
Aut humana parum cavit natura.
Intanto io mi congratulo seco della delicata esattezza del suo giudizio, e le sono gratissimo dell'ingenua franchezza con la quale ella mi ha provato ch'io sono escluso nella sua mente dall'infinito numero di quegli scrittori che pretendono all'infallibilità. Dacché ella mi toglie la speranza di conoscerla di persona, secondi almeno quella dell'acquisto che ambisco della sua amicizia e padronanza, alle quali non farà ostacolo la distanza che si frappone fra il Tamigi ed il Danubio, e mi creda.
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Lettere
Parte seconda
di Pietro Metastasio
Mondadori Editore Milano 1954
pagine 1264 |
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Orazio Tamigi Danubio
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