Io perdonerei a' compositori di musica un così intollerabile abuso se fossero scarse le facoltà dell'arte che trattano; né mi parrebbe sì strano che l'impazienza di ostentare le poche loro limitate ricchezze gli rendesse meno scrupolosi nell'adattarle al bisogno; ma non essendovi passione umana che non possa essere vivamente espressa e mirabilmente adornata da sì bell'arte in cento e cento diverse maniere, perché mai dovrassi soffrire l'insulto che quasi a bello studio essi fanno senza necessità alla ragione? Or ella vede che io sono parziale al par di lei della musica, e che quando detesto la presente musica drammatica, non intendo di parlar che di quei nostri moderni artisti che la sfigurano.
Ma l'altro per me ben più efficace motivo di consolazione è la famigliarità che dall'ultima sua lettera si conosce aver ella col greco teatro, famigliarità che assicura la concordia delle nostre opinioni.
Ha già ella dottamente osservato che i primi padri della tragedia, per fornire alla musica le occasioni di ostentar le sue bellezze, cambiano talvolta in bocca de' personaggi introdotti, a seconda del cambiamento degli affetti, i soliti giambi in anapesti e trochei; né le sarà sfuggito che i personaggi medesimi cantano e soli e fra loro, ed a vicenda col coro strofe, antistrofe ed epodi, metri che esigono per natura quella specie di musica usata da noi nelle arie, e ch'ella chiama magistralmente periodica; onde concluderà, per necessaria conseguenza, che nell'uso di lusingar con le ariette le molli orecchie degli spettatori abbiamo illustri, antichi ed autorevoli antesignani, ai quali dobbiamo noi senza dubbio e l'aria ed il recitativo, non meno che i Latini i cantici ed i diverbi.
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Lettere
Parte seconda
di Pietro Metastasio
Mondadori Editore Milano 1954
pagine 1264 |
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Latini
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