Coteste nuove notabili alterazioni di voce esigono un'arte che ne regoli le nuove proporzioni, altrimenti produrrebbero suoni mal modulati, disaggradevoli e spesse volte ridicoli. Quest'arte appunto altro non è che la musica, così a chi ragiona in pubblico necessaria, che quando manca agli attori quella degli artisti destinati a comporla, sono obbligati dalla natura a comporne una da se medesimi sotto il nome di declamazione. Ma quando ancora producesse una reale distinzione di teatro l'esservene uno costì, al quale, benché drammatico, si è voluto comunicare l'attributo distintivo di Pindaro, d'Orazio e de' seguaci loro, i diritti della musica non sarebbero ivi di maggior peso. Se in cotesto teatro lirico si rappresenta un'azione, se vi si annoda, se vi si scioglie una favola, se vi sono personaggi e caratteri, la musica è in casa altrui, e non vi può far da padrona.
Ma è forza, degnissimo mio signor cavaliere, che io finisca: non avrei la virtù di farlo sì presto (tanto è il vantaggio ed il piacere ch'io risento nell'aprir liberamente l'animo mio a persona così dotta, così ragionevole e così parziale com'ella meco si mostra); ma i miei indispensabili doveri mi chiamano ad altro lavoro. Se mai mi lascieranno essi tanto di ozio ch'io possa mettere in ordine un mio Estratto della Poetica d'Aristotile, che vado da ben lungo tempo meditando, le comunicherò in esso le varie osservazioni da me fatte per mia privata istruzione, sopra tutti i greci drammatici e quelle che la pratica di ormai mezzo secolo, senz'alcun merito della mia perspicacia, ha dovuto naturalmente suggerirmi; ma a patto che non avvenga a questo ciò che alla prima lettera, che a lei scrissi, è avvenuto, cioè d'esser resa pubblica con le stampe senza l'assenso mio.
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Lettere
Parte seconda
di Pietro Metastasio
Mondadori Editore Milano 1954
pagine 1264 |
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Pindaro Orazio Estratto Poetica Aristotile
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