Onde demitto auriculas ut iniquae mentis asellus, ma non lascio d'augurar loro altra scabbia che la poetica. Questa risponde alla vostra del 10 del corrente ma non entra nel particolare de' vostri letterari sudori, perché non basta per parlarne ciò che voi me ne accennate. Desidero che la presente trovi tinto in grana il nostro degnissimo monsignor Piccolomini. Ricordategli il mio rispetto vedendolo, abbracciate la sirocchia e credetemi.
1505
A GIUSEPPE ROVATTI - MODENA
Vienna 26 Maggio 1766.
Ieri 25 maggio mi fu consegnata da un garbato ed erudito giovane modanese, chiamato il signor Giovanni Benincasa, una, al solito, gentilissima lettera di V. S. illustrissima, data di Modena il dì 2 d'aprile. Non le accuso con l'esattezza di questa cronologia la tardanza del sacro portatore, che avrà avuto le sue solite ragioni per differirmene il piacere, ma evito una taccia di rustica negligenza in risponderle, che potrebbe tirarmi addosso l'ignoranza del fatto istorico.
Le sono gratissimo, per la parte che a me ne tocca, della violenta attrazione che esercitano sopra il suo desiderio i gelidi Trioni, e duolmi di non essere io atto a rompere quei "forti ostacoli" che ne impediscono gli effetti. Per calmare, intanto, le fastidiose agitazioni che soffre per avventura l'animo suo nel violento stato in cui si trova, rilegga, la prego, attentamente il filosofico apologhetto che il nostro divino messer Ludovico Ariosto ci ha lasciato in una delle sue satire, dove rappresenta il dannoso inganno d'un popolo innocente che, supponendo di poter giungere a toccare la luna, ascese a costo d'intolerabile fatica fin su la cima d'un'altissima montagna, sopra di cui parea dal basso ch'ella si appoggiasse, ed ivi se ne trovò più lontano che mai.
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Lettere
Parte seconda
di Pietro Metastasio
Mondadori Editore Milano 1954
pagine 1264 |
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Piccolomini Giovanni Benincasa Modena Trioni Ludovico Ariosto
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