Non aspetti ch'io le parli del bellissimo sonetto che ho ritrovato fra gli altri suoi a me diretto. Questo solletica troppo la mia vanità, e le lodi dovute allo scrittore le servirebbero di pretesto per trattenersi nelle mie. Gliene sono per altro gratissimo, e mi auguro occasioni e facoltà onde mostrarle in fatti e l'affetto e la stima e la riconoscenza con cui sono e sarò eternamente.
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A GIUSEPPE AURELIO MORANO - NAPOLI
Vienna 24 Settembre 1766.
Come dalla prima sua lettera ebbi argomenti onde formar idea dei ben colti talenti di V. S. illustrissima, così me ne somministra la seconda, a cui rispondo, altri che mi convincono del candore, della moderazione e delle altre non comuni virtù delle quali è fornito il suo cuore e la sua mente; interne stimabili qualità ch'io reputo ben più degne d'essere onorate che quelle luminose circostanze esteriori che non sono se non se capricciosi doni della Fortuna. Se non avessi purtroppo anch'io il poco invidiabil dritto di vantar (come ella poeticamente fa) la povertà per sua genitrice, le darei ben altre pruove della mia stima che queste vane ufficiose espressioni. E perché non creda ella esagerata cotesta nostra metaforica consanguinità, rifletta che il "miserabile" è colui a cui mancano i necessari sostentamenti, quibus doleat natura negatis: il "povero" è chi li raccoglie dall'altrui generosità. Il "comodo" chi può provvedere col proprio a' suoi bisogni, e chi col proprio li soverchia è l'"opulento". Se vuol ella ritrovarmi, convien che mi cerchi nella seconda di queste quattro schiere dove io soffrirei anche con maggior rassegnazione la rigorosa giustizia che rende la Providenza agli scarsi meriti miei, s'io non risentissi di tratto in tratto la privazione del più bel piacere conceduto a' mortali, cioè la facoltà di beneficar chi n'e degno.
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Lettere
Parte seconda
di Pietro Metastasio
Mondadori Editore Milano 1954
pagine 1264 |
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Settembre Fortuna Providenza
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