Ma in cotesto scellerato letto di Procuste sempre vi si giace a disagio. Il nostro Torquato, che ha tanto onorato l'umanità con la sua Gerusalemme, fra la numerosa serie di novecento e più sonetti non ne ha lasciato uno degno del suo nome. L'Omero ferrarese ne ha due o tre che passano di poco il mediocre. Nel Petrarca, che ne ha fatto particolar professione, non ardirei di vantarne cinque o sei irreprensibili. È un componimento in cui l'angustia del meccanismo usurpa tutti i diritti del raziocinio, nel quale le menti vaste e feconde si trovano molto peggio alloggiate che le sterili e limitate, e che potendo godere per la sua brevità de' favori del caso, espone il più canoro cigno di Parnaso a rimaner perditore in concorso d'una cicala. In somma è un componimento al quale già da molti anni ho creduto prudenza di rinunziare affatto, e tremo per quelli che vi s'inviluppano. Pure, se non lodo la scelta dell'impresa, mi piace in voi la cagione che vi ha spinto, e spero che questa avrà senza fallo accresciuto il merito dell'opera appresso il veneratissimo signor cardinale Piccolomini, che, maestro egli stesso dell'arte, ne conosce più d'ogni altro i pericoli, e sa compatir meglio d'ogni altro chi non ha potuto tutti evitarli. Parlatemi di lui nelle vostre lettere, ed assicuratelo del mio rispetto sempre che vi riesce d'esser seco.
Addio, ricevete i soliti abbracci e credetemi.
1541
A FRANCESCO GRISI - ALA
Vienna 20 Ottobre 1766.
L'ultima lettera del 6 del corrente, con la quale il mio caro signor Grisi mi ha rinnovate le prove dell'affettuosa sua ricordanza, mi è stata, come doveva, gratissima: ed io posso in contraccambio assicurarlo d'una esatta corrispondenza.
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Lettere
Parte seconda
di Pietro Metastasio
Mondadori Editore Milano 1954
pagine 1264 |
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