Oggi, benché io non possa prevedere il destino di questa lettera a vostro riguardo, attese le diverse inaspettate circostanze che debbono aver disordinate le vostre disposizioni, non voglio defraudar me medesimo del piacere di fare almeno una breve cicalata con esso voi, per supplire in qualche parte ai danni della lontananza: tanto più che la vostra affettuosa cura nel cercar momenti da sagrificare alla mia sollecitudine in una così affaccendata situazione mette in più efficace attività tutte le ragioni della rispettosa stima, del dolce costume, del debito e dell'affetto che mi legano a voi. Non entro nel funesto racconto degl'inaspettati nostri timori: la materia per se medesima non alletta, e so che altronde voi ne siete perfettamente informato. Vi dirò solo che ier l'altro e la Corte e tutti noi abbiam creduto che il vaiuolo avesse già superate tutte le forze della povera arciduchessa Giuseppa, e si è pianta come perduta. Io nelle mie angustie non ho lasciato di considerare quanto sian corte le facoltà della prudenza umana: un accidente del numero de' più frequenti possibili avrebbe potuto fare un così inaspettato cambiamento di scena, e pure io credo che nessuno de' più esatti calcolatori politici si sia avvisato di metterlo in conto. Da ieri in qua l'inferma ha sempre migliorato: onde presentemente le nostre speranze superano i timori. Il nostro buon vice cancelliere ha picchiato anch'egli alle porte dell'eternità, ma lode al Cielo non gli sono state aperte; ed apparentemente non gli saranno aperte per ora, poiché da tre giorni il suo miglioramento è costante, benché non basti ancora per renderci perfettamente tranquilli.
| |
Lettere
Parte seconda
di Pietro Metastasio
Mondadori Editore Milano 1954
pagine 1264 |
|
|
Corte Giuseppa Cielo
|