Ella sa quanto inutilmente stancarono i torchi il Pellegrini, il Rossi, il Salviati e cento altri campioni dell'uno e dell'altro poeta. Ella sa che il pacifico Orazio Ariosto, discendente di Lodovico, si affaticò invano a metter d'accordo i combattenti, dicendo che i poemi di questi due divini ingegni erano di genere così diverso che non ammettevano paragone; che Torquato si era proposto di mai non deporre la tromba e l'avea portentosamente eseguito; che Lodovico avea voluto dilettare i lettori con la varietà dello stile, mischiando leggiadramente all'eroico il giocoso ed il festivo, e l'avea mirabilmente ottenuto; che il primo avea mostrato quanto vaglia il magistero dell'arte, il secondo quanto possa la libera felicità della natura; che l'uno non men che l'altro aveano a giusto titolo conseguiti gli applausi e l'ammirazione universale, e che erano pervenuti entrambi al sommo della gloria poetica, ma per differente cammino e senza aver gara fra loro. Né può esserle finalmente ignota la tanto celebre, ma più brillante che solida distinzione, cioè che sia miglior poema il Goffredo, ma più gran poeta l'Ariosto. Or tutto ciò sapendo, a qual titolo pretende ella mai ch'io m'arroghi l'autorità di risolvere una quistione che dopo tanti ostinatissimi letterari conflitti rimane ancora indecisa? Pure, se non è a me lecito in tanta lite il sedere pro tribunali, mi sarà almen permesso il narrarle istoricamente gli effetti ch'io stesso ho in me risentiti alla lettura di cotesti insigni poemi.
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Lettere
Parte seconda
di Pietro Metastasio
Mondadori Editore Milano 1954
pagine 1264 |
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