Ma, per venir più particolarmente al caso nostro, mi dica in cortesia, mio caro signor abate, dove mai la sua speranza potrebbe accennarle un asilo? Ne' falliti forse teatri d'Italia, a' quali sono soverchia spesa le vergognose ricompense che si danno a qualunque ciabattino poetico, atto a sfigurar un vecchio dramma a talento d'una eroina o d'un eroe teatrale che l'onora in contraccambio della sua protezione? Crede ella per avventura che la decadenza, anzi la ruina del nostro teatro, sia minore in Germania? S'inganna: corre ancora in queste contrade la medesima sorte. La Corte cesarea, e quella di Dresda ad imitazione di questa, hanno offerta, è vero, per lungo tempo una comoda e decente situazione ad un uomo di lettere esperto nella drammatica poesia, ma né l'una né l'altra è più a tal riguardo la stessa. La Sassonia, dopo l'ultima ruinosa guerra, ha totalmente rinunciato alla musica. La nostra adorabile padrona crede così poco convenevole al suo stato vedovile questo fasto voluttuoso che ha fatto demolire e rivolgere ad altro uso il teatro della Corte, e non ha altri musici se non se que' vecchi inabili che come antichi servitori generosamente conserva a riguardo del loro, non del bisogno di lei. Ed il nostro giovane prudentissimo Cesare non prenderà altro sistema, persuaso che la sua situazione esiga eserciti e non divertimenti.
Io credea che un quarto di foglio fosse troppo per una poscritta, ma la premura di remediare alle seduzioni che possono averle fatte i miei versi rende angusto anche il secondo.
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Lettere
Parte seconda
di Pietro Metastasio
Mondadori Editore Milano 1954
pagine 1264 |
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