Se l'avesse per avventura sedotto il primo motivo, ella avrebbe gran torto, poiché il mio difetto dominante è per l'appunto il contrario di quello di cui mi tenta, e se il secondo, mostra d'aver dimenticato ciò che un anno scorso io le scrissi, cioè ch'io sono ormai una annosa, logora e stanca macchinetta, onde ben lontano d'esser atto a scrivere dissertazioni e trattati ed a scartabellar indici e repertorii mi trovo assai spesso costretto ad implorar l'indulgenza degli amici quando per povertà di vigore divengo, mio mal grado, debitore moroso anche nel semplice commercio degli uffici civili. Quando ha parlato il mio caro e venerato signor don Giacomo, che posso far io altro se non che ripetere con esso lui che non mi sovvengo d'alcuno che tratti ex professo la materia ch'ella propone? Se si cerca quali in particolare fossero le offerte ed i sacrificii che dagli antichi si facevano a Venere, non può ella stessa non ricordarsi che sono innumerabili. Rose, mirti, incensi, pesci, conche, colombe, e che so io? Né le sarà sfuggito che Luciano in uno de' suoi dialoghi meretricii vuole che alla Venere popolare si sacrifichi una capretta bianca ed alla celeste ed ortense una vitella; ma se mi si dimanda lo stesso a riguardo di Cupido, la risposta è ben per me più difficile. Nell'abbondantissimo Prontuario mistico di Natal Comite, dove sono diligentemente indicati i fiori, gli alberi e gli animali dedicati in particolare a ciascuna delle loro deità da' Gentili, non è né pur rammentato Cupido.
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Lettere
Parte seconda
di Pietro Metastasio
Mondadori Editore Milano 1954
pagine 1264 |
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