So benissimo anch'io che la musica in tutta la natura è una sola cioè "un'armonia dilettevole prodotta dalle proporzioni de' suoni più gravi o più acuti, e de' tempi più veloci o più lenti"; ma chi mi darà il filo d'Arianna per non perdermi fra coteste proporzioni? Esse dipendono principalmente dalla giusta divisione della serie successiva de' tuoni, e cotesta divisione appunto è stata sempre, cred'io, ed è manifestamente imperfetta. Come supporre diversamente, quando io sento disputare i gran maestri se l'intervallo da un tuono all'altro debba constare di cinque, di sette o di nove crome? Quando osservo che l'uno chiama dissonanza la quarta e l'altro consonanza perfetta? Se veggo che, accordandosi un gravicembalo esattamente a tenore delle divisioni del nostro sistema, riesce sensibilmente scordato? e se per rimediare a questo inconveniente debbono gli accordatori incominciar dal formare ad orecchio, nel mezzo della tastatura, una quinta eccedente, ch'essi chiamano allegra, cioè scordata, affinché, regolando poi da quella tutta l'accordatura, si spartisca il difetto e divenga insensibile? Chi mi dirà se gli antichi sieno stati più felici di noi nell'esattezza di questa divisione non men soggetta ad errori che quella del calendario? O chi mi dirà di qual mezzo si siano essi valuti per dissimularne, come noi facciamo gl'inconvenienti? Dopo avere letto in Plutarco tutta la noiosa enumerazione degl'inventori d'ogni novità musicale; dopo aver imparato da lui e da' greci maestri, illustrati dall'erudito Meibomio, "l'ipate, il nete, il diapason, la diatesseron, la diapente, i tetracordi, i generi diatonico, cromatico ed enarmonico, i modi dorico, frigio e lidio", e tutto l'antico vocabolario musicale, sarò io più illuminato? saprò io formare allora una chiara definizione di tutte codeste voci da spaventare i fanciulli, ed in tali tenebre, come intanto far paragoni?
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Lettere
Parte seconda
di Pietro Metastasio
Mondadori Editore Milano 1954
pagine 1264 |
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Arianna Plutarco Meibomio
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