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      sibile che, a dispetto di tante dubbiezze, non ne abbiate pur formata qualcuna". È verissimo, mio caro signor don Saverio: alla nostra sempre operante, temeraria fantasia bastano frivolissimi fondamenti per fabbricarvi immediatamente sopra immagini a suo capriccio. Sol ch'io senta nominare il Cairo o Pechino, essa mi presenta subito innanzi quelle vaste città ch'io non ho mai vedute. Or se V. S. illustrissima è contenta ch'io le comunichi idee di simil fatta, eccomi pronto ad appagarla.
      A me pare, riveritissimo amico, che la musica degli antichi fosse molto più semplice, ma molto più efficace della moderna; e che la moderna all'incontro sia di quella più artificiosa e più mirabile. Quando io sento che Platone vuol che nella sua repubblica sia la musica il primo universale studio d'ognuno, come necessario fondamento d'ogni scienza e d'ogni virtù; quando leggo che in Grecia non solo tutti i poeti, ma i filosofi tutti, i condottieri degli eserciti ed i regolatori stessi delle repubbliche eran musici eccellenti, concludo che la musica allora dovesse esigere molto minore studio della nostra, nella quale per divenir mediocre artista convien che altri impieghi la metà della vita, e che fosse per conseguenza più semplice. A provare che la nostra sia più artificiosa di quella parmi che (oltre le infinite altre ragioni) basti il solo contrappunto moderno, in virtù del quale sino a ben ventiquattro cantilene, tutte fra loro diverse, posson cantarsi contemporaneamente insieme, e producono una concorde, incognita agli antichi, soavissima armonia.


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Lettere
Parte seconda
di Pietro Metastasio
Mondadori Editore Milano
1954 pagine 1264

   





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