La favoletta de' due vasi, del dolce e dell'amaro, di ciascuno de' quali dee gustare ogn'anima che scende ad informare un corpo, mi era nota fin dalla mia prima adolescenza: e mi ricordo che mi piacque moltissimo la verisimilitudine con la quale quella povera animetta cade nell'errore di prender più dell'amaro che del dolce: poiché è ben naturale che se ella si abbatte a gustar prima l'amaro, temendo lo stesso nell'altro vaso, prenda del dolce assai meno: e che se prima ha gustato di questo, sperandone ripieno ancor l'altro, prenda dell'amaro assai più: onde avvenga poi che nella vita umana sian sempre maggiori dei piaceri che si godono gli amari che si soffrono.
Ho vivissima reminiscenza d'averla letta nell'Italia liberata del Trissino: e ne ho creduto l'inventore Omero: ma avendo fatta non ha gran tempo in compagnia di due amici l'intera lettura di questo padre de' poeti (senza per altro particolar disegno di rinvenire e di riflettere su questo apologhetto) né io né alcuno degli altri due ci sovveniamo dove, se, ed in quale occasione l'abbia Omero cantato. Ne farò qui ora più diligente ricerca, mentre voi la fate costì. Se v'incontrate in esso prima di me, avvertitemene, ed io farò lo stesso a vostro riguardo. Addio.
1862
AD ANGELO FABRONI - PISA
Vienna 26 Aprile 1770.
Il silenzio e le lettere di V. S. illustrissima e reverendissima hanno egual dritto sul mio rispetto. Se queste sempre mi onorano, quello mi fa sperar sempre qualche nuovo commendabil frutto degli ozi suoi. L'imminente pubblicazione della terza Deca, ch'ella si compiace annunciarmi, giustifica le mie concepite speranze: e l'impazienza ch'io sento di possederla è prova del diletto e del vantaggio da me ritratto dalla lettura delle antecedenti.
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Lettere
Parte seconda
di Pietro Metastasio
Mondadori Editore Milano 1954
pagine 1264 |
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