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      Con la viva e patetica esposizione delle dolorose, inaspettate vicende de' suoi letterari sudori mi ha V. S. illustrissima sommamente commosso. Meditare, intraprendere ed eseguire con indefessa e laboriosa applicazione, in così corto spazio di tempo, un'opera di tanta mole, affaticarsi per arricchirla delle merci più preziose e più rare, soggiacere al considerabile dispendio che esige il presentarla decentemente agli occhi del pubblico, ed invece poi di ritrarne il meritato premio, doverla veder sepolta nel nascere, è veracemente un colpo al quale non sarebbe capace di resistere la superba indolenza di Zenone, di Cleante, di Crisippo e di tutta la setta insensibile. Dalla grave afflizione che ne ha ella a me col suo racconto comunicata, comprendo assai bene quanto grande e quanto giusta è la sua. Poiché non è finalmente obbligato il savio a disumanarsi del tutto: né mai vi potrebbe giunger volendolo. Convien pure a suo dispetto che si dolga anch'esso a tali scosse non men del volgo, col quale, nonostante la diversa instituzione, sempre indispensabilmente conserva la fisica somiglianza. Ma se al pari del volgo ei non può evitar le ferite, ha i farmachi almeno che mancano a quello per risanarne. Ei sa qual sia l'intrinseco valore de' favori e degli insulti della Fortuna: sa che questa non prende mai consiglio dalla ragione nel dispensarli: anzi che per costume par che si compiaccia non solo d'opprimer sempre i più meritevoli, ma di obbligar talvolta, a forza dimpensati accidenti, a comparire ingrati ed avari i principi più generosi e più giusti: sa che il solido merito trova sempre un gran premio nella cognizione di se stesso, e che soverchiato ancora dai capricci della Fortuna conserva sempre illeso il proprio interno vigore per sollevarsi ed emergerne.


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Lettere
Parte seconda
di Pietro Metastasio
Mondadori Editore Milano
1954 pagine 1264

   





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