Pagina (512/1264)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

     
      Di queste armi non è certamente V. S. illustrissima sprovveduta. Ah, se ne vaglia, mio caro signor Martorelli, e non conceda a cotesta cieca il trionfo del suo abbattimento! Se l'avere impallidito tanti anni su fogli, se il faticoso indefesso commercio con tutti i saggi de' secoli più remoti, se le meditazioni, l'esperienza ed i disinganni d'una lunga vita non ci producono almeno questo opportuno soccorso, tutti sono affatto perduti i poveri nostri sudori. S'io l'amassi meno non sarei trascorso a consigliare un suo pari. In grazia della cagione ne gradisca l'ardire, e mi creda. E se mai il suo giusto dolore le suggerisse l'antico assioma, cioè che "molto è facile a chi si trova sull'apice della felicità il dar consiglio agli sventurati", rilegga, la supplico, per un momento l'aureo apologhetto della Luna esposto da Lodovico Ariosto nella terza delle sue Satire. Lo rilegga, e ne troverà in esso la risposta, in una incontrastabile morale verità resa ivi mirabilmente sensibile, e con assai maggiore evidenza di quella che tanto ammirava l'antichità nella favola di Cebete.
      Il Centauro che serve di sigillo alle mie lettere è opera eccellente ma non antica; essendo essa l'arme mia gentilizia, io il feci già molti anni sono incidere in quella semplicissima forma, senza il minimo moderno ornamento, per valermene giornalmente siccome faccio. L'incisore fu il celebre Pikler, dimorante in Roma: del nome del quale, col soccorso d'una buona lente, potrà ella scoprir le lettere iniziali a piè della figura.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Lettere
Parte seconda
di Pietro Metastasio
Mondadori Editore Milano
1954 pagine 1264

   





Martorelli Luna Lodovico Ariosto Satire Cebete Centauro Pikler Roma