Queste, a creder mio, han promosso, favorito, e reso possibile il compostissimo sistema della nuova musica tanto dall'antica differente. Poiché l'arte de' suoni, che debbono formarsi nell'aria da noi regolarmente commossa, convien per necessità che si tratti con ragione infinitamente diversa quando la mole che vogliam mettere in moto è più vasta e più circoscritta e leggiera. Chi canta a cielo aperto ad un popolo intero ha bisogno, per farsi sentire, di spinger la sua voce col maggiore sforzo possibile, e cotesto sforzo non è affatto compatibile col nostro portentoso sminuzzamento de' tempi, eseguibile unicamente a mezza voce ed in luogo ristretto. Or, quando il canto è composto di tanto minor numero di parti, è sommamente minore anche il numero delle combinazioni che ne risultano, e per necessaria conseguenza è notabilmente più semplice.
L'argomento poi, o sia indizio di cotesta antica semplicità, da me tratto dall'universalità della scienza musicale a tempi di Platone, non è sciolto, mio caro signor don Saverio, col contrapposto di quelli che per diletto a nostri dì la posseggono. Non creda che questi sieno molti, perché molti ne parlano. Basta una picciola dose di teorica per ragionar decentemente d'un'arte; ma il divenire artista è dono privativo della lunga indefessa pratica, maestra di tutto, senza escluderne la virtù medesima, ch'ha dovuto perciò esser definita da' saggi habitus animi rationi consentaneus. Che la pratica della moderna musica sia infinita è pur troppo palese.
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Lettere
Parte seconda
di Pietro Metastasio
Mondadori Editore Milano 1954
pagine 1264 |
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Platone Saverio
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