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      Ci pensate, mio caro padre maestro, se la pubblicazione di cotesti miei due libretti sarebbe molto favorevole al mio genio pacifico, e s'io sono in età d'incominciare un tirocinio polemico. Queste occupazioni mi hanno ricompensato de' miei sudori col liberarmi dalla noia dell'ozio, e non ne pretendo altro frutto.
      Mi dispiace di non essere in istato d'approfittarmi degli avvertimenti del severo Aristarco romano. Un amico, per mostrare stima del mio stile tragico, si vale dell'antica metafora de' coturni, che sono in somma gli stivaletti da teatro, e mi prega di fargliene un dono, quando non voglia più valermi de' miei. Io, per rispondere che il mio stile non merita d'esser desiderato, continuo la sua metafora e dico che il padre Apollo lo provederà di migliore calzolaio, perché i miei son difettosi ed io sento dove mi premono. Avrà il critico le sue ragioni per disapprovar la metafora ma io, che non spero a quest'ora di migliorare, non vuo' beccarmi il cervello ad investigarle.
      Il mio amor proprio vorrebbe ch'io credessi che quel Wasner o Watner, o che so io? di cui vi parlò con clemenza tanto parziale l'arciduca granduca, volesse dir Metastasio; ma se mai fosse così, non crediate ch'io attribuisca al merito mio gli eccessi della sua benignità, che mi riguarda come un antico mobile dell'augusta sua Casa, e siate certo ch'io conto fra le circostanze più care di questa mia fortuna la tenera compiacenza da voi provata ascoltandolo.
      Ho letto con infinito piacere il gentile, poetico e divoto sonetto della nostra impareggiabile signora Livia, e vi prego congratulandovene seco a mio nome di assicurarla della costanza della giusta mia riverentissima stima; e voi, mio caro padre maestro, conservatemi il prezioso luogo che mi avete per bontà vostra assegnato nel vostro grande, candido e sensibilissimo cuore.


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Lettere
Parte seconda
di Pietro Metastasio
Mondadori Editore Milano
1954 pagine 1264

   





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