Forse avrò quest'onore in qualche ballo di Corte, se la mia pigrizia non m'impedisce di procurarmene così l'occasione: ed alla peggio quando le Sacre Ceneri ci avranno rimessi in ordine, eseguirò esattamente le commissioni di V. S. illustrissima ed entro mallevadore che saranno sommamente gradite.
So purtroppo che si vanno moltiplicando le ristampe degli scritti miei, e con esse non solo i miei errori, ma quelli e nuovi e vecchi degli editori, obbligati a copiarsi l'un l'altro perché non mi è sin ora riuscito di somministrar loro una edizione eseguita sotto gli occhi miei, che servisse di canonico esemplare ed in cui avessi io potuto corregger gli altri e me stesso. Pure io non posso senza ingratitudine lagnarmi della Fortuna, avendo già essa trascorsi visibilmente nel resto col suo favore gli angusti limiti del merito mio.
Da qual peccaminoso desiderio è mai ella invasa, amatissimo mio signor Diodati? Come può mai consigliare ad un amico che l'ama di pubblicar le proprie debolezze paterne? Ella sa pure che i difetti de' lor figliuoli o son traveduti o compatiti da' padri, sa che cotesta tenera compassione degenera il più delle volte in cieca parzialità, e non può non aver presente l'asserzione del suo Orazio che Strabonem appellat paetum pater; et pullum, male parvus si cui filius est. Chi vuole usar meco rigore ha già materiali abbastanza, senza ch'io gliene presenti de' nuovi. Addio, carissimo e degnissimo mio signor Diodati; continui ad accrescer la gloria della letteratura italiana, a riamarmi ed a credermi con affetto eguale all'infinita giustissima stima.
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Lettere
Parte seconda
di Pietro Metastasio
Mondadori Editore Milano 1954
pagine 1264 |
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