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      Arrossirei a ragione all'eccesso di bontà con cui e me l'Eminenza Vostra commenda e gli scritti miei, se il dolce trasporto della mia compiacenza per così indubitata prova della benevola sua verso di me costantissima propensione mi lasciasse tempo per ascoltare i rimorsi. Non può non conciliar favore al mio nome l'invidiabil sorte di trovarsi tal volta fra le venerate sue labbra, ed a questa io mi riconosco debitore della gratuita parzialità di cotesto degnissimo signor conte di Rivera di cui io conserverò sempre gelosamente la grande idea, che me ne ha lasciata impressa nell'animo il suo e mio impareggiabile amico, di cara ed onorata per entrambi, ma dolorosa memoria. L'obbligante reminiscenza che mostra di loro l'Eminenza Vostra nella lettera a me diretta, ha ravvivato nell'ornatissimo nostro signor barone di Hagen ed in tutte le persone abitanti o concorrenti nel Deutsches Haus quell'universal desiderio che ha di sé Vostra Eminenza lasciato in queste contrade in qualunque ordine di persone: ed io sono incaricato di presentargliene i comuni loro sentimenti della più ossequiosa riconoscenza. Il mio silenzio è prova convincente che non è a me pervenuto il plico per il suo riverito mezzo fin dall'anno scorso inviatomi. Non avrei certamente trascurata una così destra occasione di rammentarle senza importunità la profonda venerazione con cui sarò fin ch'io viva.
     
     
     
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      A DANIELE FLORIO - UDINE
     
      Vienna 18 Settembre 1776.
     
      Una incomodissima e poco decente, benché onestissima, infermità (della quale gli ufficiosi amici meco si congratulano a gara, in vece di compatirmi), mi ha già per qualche giorno obbligato e mi obbliga ancora a non dilungarmi dalle mie camere; ma non mi ha però impedito dal leggere avidamente, rileggere ed ammirare il suo magistral sonetto, con cui mi ha convinto che per esprimere ad eccellenza ciò che a pena è riuscito a me di racchiudere in ben ventisei strofe, soprabbondano quattordici versi a' suoi pari.


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Lettere
Parte seconda
di Pietro Metastasio
Mondadori Editore Milano
1954 pagine 1264

   





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