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      Vienna 27 Agosto 1778.
     
      Nel plico di V. S. illustrissima, che mi è pervenuto da questa nunziatura apostolica, trovo l'impressione di due mie lettere a lei scritte, delle quali l'unico pregio è la giustizia ch'io rendo in esse agl'invidiabili suoi talenti: e l'adempimento di questo indispensabile mio debito mi rende meno sensibile il rincrescimento ch'io provo nella pubblicazione di qualunque mio scritto, per quella innata scarsissima fiducia di me medesimo che nel corso della mia vita mi ha defraudata gran parte della mia, già per se stessa assai limitata, fecondità. Mi sono sommamente compiaciuto nella perfetta analogia che si trova fra il mio ed il giudizio di cotesti dotti effemeridisti: e non meno che con esso lei me ne congratulo con me stesso. Vorrei potermi congratular seco della filosofica tranquillità che bisogna a qualunque eccellentissimo autore fra gli inevitabili assalti delle detrazioni. Rifletta, mio riverito signor abate, che questo maledetto fermento contenzioso ha sempre più che in ogni altra specie di persone costantemente regnato fra gli uomini dedicati agli studi. Si ricordi gli Scaligeri, gli Erasmi, gli Scioppi, i Mureti, ecc., e compianga meco l'umanità, soggetta ad infermità così violenta che riduce gli uomini i più venerabili per la loro dottrina a servir di spettacolo di riso agl'idioti. Se vuol vendicarsi, affligga l'invidia procurando sempre di crescere in merito. Lo specifico ch'io le propongo è quello che unicamente ho saputo proporre a me stesso.
      Bisogna essere invaso (come per mia buona sorte è V. S. illustrissima) da una eccessivamente amorosa parzialità a favor mio per sollevare al grado d'esemplare degno d'imitazione l'annoso mio canto epitalamico scritto nella prima effervescenza d'una fantasia giovanile, ignara allora del suo bisogno di freno.


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Lettere
Parte seconda
di Pietro Metastasio
Mondadori Editore Milano
1954 pagine 1264

   





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