Rispondendo alla più antica, confesso che non avrei creduto che si potesse obbligare l'antica elegante eloquenza (come avete saputo far voi) ad esprimere con tanta evidenza le nostre recentissime idee. Questa è una validissima prova del vigore del vostro ingegno e della vastità della merce di cui l'avete fornito. Io ve l'invidierei, se, in virtù dell'amicizia, io non mi credessi di partecipar delle vostre lodi. La mia Olimpiade è stata rappresentata e replicata in tutti i teatri d'Europa, ed io non mi son mai mosso da Vienna: or come volete, mio caro signor don Saverio, ch'io giudichi della preminenza fra le musiche che l'hanno vestita? Se volete erudizioni teatrali, scegliete, amico dilettissimo, altra miniera che la mia. Io ne sono così ristucco ed infastidito, che da più di trent'anni evito quanto posso di passare avanti la porta d'alcun teatro, per non risvegliarmene la noiosa reminiscenza.
L'ultima vostra mi conferma nel concetto della mala fede del tipografo lombardo, e mi consola il veder che sia conosciuta da voi. Vi rendo grazie d'avermene assicurato. Vi auguro vigore per resistere alle forensi occupazioni che per altro non desidero discrete, e con l'antica tenerezza ed ossequio mi confermo invariabilmente.
P. S. Al mio riverito signor abate Panzini mille e mille cordialissimi abbracci.
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A MARIA ROSA COCCIA - ROMA
Vienna 15 Gennaio 1779.
La gentile attenzione della valorosa pastorella Trevia negli auguri che mi porge a seconda dell'universale ufficioso costume, mi riconcilia con questa incomoda o per lo più vana cerimonia, assicurandomi dell'onorato luogo ch'io tuttavia conservo nella memoria di persona così distinta e meritevole.
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Lettere
Parte seconda
di Pietro Metastasio
Mondadori Editore Milano 1954
pagine 1264 |
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