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      Addio, caro gemello, io sono stanco almeno quanto voi sarete annoiato; onde dite a voi stesso tutto quello che già sapete che vorrei dirvi, e continuate ostinatamente a credermi il vostro.
     
     
     
      2509
     
      A IPPOLITO PINDEMONTE - VERONA
     
      Vienna 13 Luglio 1780.
     
      La vivace obbligante lettera di V. S. illustrissima del 15 dello scorso, ed il libro che, franco sino a Brescianone, da questa dogana mi è stato reso, sarebbero materiali per una lunga risposta; ma la mia troppo scemata attività al fisico mestier di scrittore e la pigrizia senile che l'accompagna sono scuse molto più legittime, ch'io non vorrei, della mia involontaria brevità. Eccole dunque i miei pareri senza ambagi da oracolo, di cui per istinto e per sistema, sono affatto imperito a valermi, com'è noto universalmente.
      Ella può esser ben contenta della sua tragedia. Lo stile n'è nobile, sonoro, lucido, senza affettazione di lingua, sommamente facile e sempre decente. Né disprezzi, riverito signor marchese, cotesta savia sua cura intorno alla bellezza dello stile, il qual è il primo materiale per le nostre imitazioni, come lo è il più eletto marmo per lo statuario, e perciò vuol Aristotile che sia nobile, fatto per dilettare ed ornato d'interna musica coi metri, i ritmi, l'armonia e la melodia, talor congiunte e talor separate; né tema di violar la legge del verisimile così facendo, perché l'oggetto al quale si obbliga lo statuario ed il poeta non è quello del copista, cioè di render servilmente qual esso è in se medesimo un originale, ma bensì la gloria di saper dare ad una bella e dilettevol materia da lui scelta senza mai cambiarla (benché ritrosa) tanta rassomiglianza, quanto altri avesse creduto che non fosse possibile di conseguirsi.


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Lettere
Parte seconda
di Pietro Metastasio
Mondadori Editore Milano
1954 pagine 1264

   





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