Saprà che quando le distrazioni del mio mestiere mi han permesso l'ozio di pensare a me stesso, ho superata la repugnanza di pubblicare il mio trascorso, ed ho dimandato su la validità del mio supposto legame il giudizio del venerabile concistoro. Saprà che questo frettolosamente e senza ordinato esame di ragioni pronunciò per la sussistenza del matrimonio: che la nostra Nunciatura Apostolica, alla quale fu appellato, dichiarò insussistente la sentenza del concistoro suddetto per omissione di tutto l'ordine giudiciario: e che finalmente ad istanza della parte a me contraria fu da Roma delegato il giudizio di questa causa a monsignor Vescovo N. N., il quale dopo cinque mesi di rigidissimo esame pronunciò non constare de matrimonio. Or ecco per mia buona sorte la seconda ed ultima delegazione della mia causa confidata dalla santità del Sommo Pontefice alla dottrina ed all'integrità del venerato signor Principe Giudice appunto ch'io avrei spontaneamente a qualunque altro preferito, se mi fosse stata permessa la libertà della scelta. In queste fortunate circostanze non mi turba se non se il timore ch'egli pensasse mai per mia disavventura a sottrarsi al commesso peso per verità non leggiero. Se la sospirata tranquillità d'un vero suo servitore, se l'esperimentata sua propensione a mio vantaggio hanno qualche forza nell'animo suo generoso, umilmente lo supplico a non disperarmi con un rifiuto. Non creda ch'io sia così poco illuminato che non sappia quello che si può e che si dee pretendere dall'illibatezza de' pari suoi.
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Lettere
Parte seconda
di Pietro Metastasio
Mondadori Editore Milano 1954
pagine 1264 |
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