E per perfezzione, la cognizione appresa, anco passò ad operare di sua mano nelle trasmutazioni de' metalli, nelle distillazioni di tutte le sorti. Non che mai fosse tocco dalla vanità che si potesse o intendesse fare l'oro, o che uomo discreto si potesse o dovesse indurre ad inquirirlo. Di che sia argomento ch'in questi tempi stette più mesi, dopo peregrinata l'Italia e delusi tanti prelati e principi, in Venezia quell'insigne impostore sopranominato Mamugna, creduto far oro, che fece benissimo intendere il senso di Diogene, quando disse che non segregava dal volgo n'anco i re. Perché nella credenza o comedia non solo entrò il volgo con tal eccesso, che chiamava miscredenti quelli che negavano che colui facesse oro, ma cardinali, prencipi, il papa stesso Sisto V, sí gran prencipe e di tanto sapere et esperienza, che se l'impostura non si scopriva, aveva dati indizii di muover controversia a Venezia, ove era costui, per punto d'immunità o giurisdizzione ecclesiastica, essendo come si dicono. Il padre sempre si burlò, et ad amici grandi, che volevano condurlo a fargli veder la prova, sempre rispose che l'avrebbono poi stimato pazzo, non che leggiero. E de' suoi famigliari intimi, co' quali teneva propositi di tale impostura, erano quei gentiluomini che, tenendo per sicuro il giudizio del padre, furono inventori di quella mascherata per mostrar ciò che sentiva. Vestendo uno di loro da Mamugna, in una barca con fuoco, carbone, crucioli, mantici, bozze et altri ordigni chimici, andarono per tutta la città, facendo gridare al Mamugna: "A tre lire il soldo dell'oro fino"; uno de' quali vive ancora senatore prestantissimo e di costumi e virtú singolari, che merita menzion in altro ch'in questa azzione giovenile.
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