Un solo impedimento se gl'attraversava, l'instante ritorno del padre, al quale bene sapeva che mai tali prattiche sariano piacciute, e disperava di poterlo piegare alle sue voglie, perché aveva conosciuto l'integrità e l'inespugnabilità della sua mente. S'imaginò l'unico rimedio essere il proporgli quello da che difficilmente anco i piú sapienti posson guardarsi, la strada degl'onori, perché si trattenesse in Roma. E cominciò efficacemente a persuaderglielo con lettere, e farglielo proponer da' suoi piú cari, come che il credito acquistato nella corte potesse fargli strada ad avanzare la sua fortuna. Il padre, tra l'altre repulse a quel conseglio, per levarsi una volta il tedio per sempre, rispose in una lettera in cifra, che tra di loro usavano, alcune parole in discredito della corte, come che in quella si venisse alle dignità con male arti, e di tenerne esso poco conto, anzi abominarla. Conservò maestro Gabriello la lettera e la cifra, e dopo finiti i tre anni del suo carico in corte, ritornò alla patria, alla quiete et a' studii suoi, non potendo il padre approvar l'estorsioni che nella provincia faceva maestro Gabriello, e nelle quali veniva mantenuto col favore d'alcuni corteggiani del cardinale Santa Severina, che però non lo favorivano gratis, facendosi conto fondato che 'l generalato, al quale fu finalmente portato, gli costava non manco di quaranta milla ducati (come molti ancora ne sanno molto ben far i computi e dire i particolari), tutti cavati dall'altrui borse; e coll'essersi il padre solo dichiarato di non approvarle, e meno consentirvi, vennero a rottura e dissensione manifesta.
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