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      Redondava questa esquisitezza o passibilità de' sensi nella mente, com'è consequente; onde era cosa stupenda come tutto gli faceva impressione e vi dimorava tenacemente. Se entrava in un luogo, portava seco impresse nella memoria l'imagini delle cose piú minime, delle quali, venendo occasione, mille volte gli amici gli dicevano come era possibile ch'avvertisse cosí tutte le minuccie. Se leggeva un libro, (e tutti leggeva quanti n'uscivano alle stampe d'alcun conto) sapeva tutto, e gli restava impressa la carta, ove aveva veduto ogni cosa per leggiera che fosse. A me accade ne' libri non vedere se non quello che so prima o vado cercando, e ben spesso anco lo trapasso in quella sorte almeno di studio che chiamano vago e senza fine presente et urgente. Ma in lui non si conosceva a pena questa distinzione, e tutto s'attaccava. E lo stupor era ch'essendo l'impressione cosí facile, lo scancellamento fosse cosí difficile. Et in queste eccellenze l'umiltà sua era tale, che mai ad alcuno che di ciò lo volesse lodare concesse altro se non che si lodava della sua maggior imperfezzione e d'un'eccellente debolezza, conforme alla quale tutto gli nuocesse. Et asseverava seriamente ch'egli non ci metteva cura, ma che la sua gran passibilità et imperfezzione era di ciò cagione. Et alla ragione che fosse perfezzione, perché la retentiva era cosí facile e stabile, egli diceva che anzi ciò arguiva debolezza e passibilità maggiore, perché non solo l'oggetto in lui facesse moto et inferisse passione, ma anco ogni minima reliquia et imagine lo continuasse.


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Vita del padre Paolo
di Fulgenzio Micanzio
pagine 190