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      Ma questo problema si lascia disputar ad altri. Da questo e dal perpetuo studio, nel quale et inanzi e dopo deposto il suo magistrato et ogn'altra cosa, s'era immerso, credo io che nascesse la esquisita cognizione ch'aveva.
      Cosa mirabile era che non solo sapeva della ragione canonica le leggi e decreti, ma sapeva i tempi che ciascuno de' canoni era stato fatto, i fonti onde erano cavati, la causa ch'aveva mosso a fargli. Nella materia beneficiale, cosí intricata, cosí moltiplice, cosí varia, sapeva tutte le raggioni controverse, i progressi, le mutazioni, l'alterazioni. Ma a questa teorica portò da Roma tutta la prattica di quante congregazioni e tribunali vi sono, le loro formule, i loro procederi. E, ch'è meraviglia, s'aveva anco come dipinti nella memoria i luoghi, i siti, le figure, le statue; e quanto aveva veduto, tutto gli restava impresso. Da questa stessa o passibilità, o imperfezzione di temperatura (come diceva sempre egli), o sublimità, o felicità d'intelletto (come l'hanno stimata gl'altri) e non da studio, che si sappia, che mai facesse di fisionomia, nasceva quella gran cognizione ch'aveva delle persone. Nella qual sorte di sapere io veramente non truovo in tutto il corso del tempo che si faccia memoria d'uomo che sapesse quanto lui. E se si narrassero i successi particolari, come molte volte dalla sola faccia, ma moltissime dal ragionamento d'una sola volta, come s'avessero nel petto la fenestrella che ricercava Momo, penetrava la natura, i costumi, l'inclinazioni e la loro portata, temerei colla pura verità levare la credenza di quanto scrivo.


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Vita del padre Paolo
di Fulgenzio Micanzio
pagine 190

   





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