Nel resto si può dire che si stimasse nel giardino delle delizie e di calcare le rose. Perché quanto a' bisogni, nessuno n'aveva, perché nulla desiderava, ricchissimo nella sua povertà, senza entrate, senza alcuna industria ove avanzasse un sol danaro, senza alcun pensiero, lasciata ogni cura al padre Giulio, senza libri, se non accomodatigli giornalmente da amici grandi, che tutti leggeva, e ne faceva nel suo intelletto la piú gran libraria ch'avesse mai prencipe al mondo, colla sua nudità della cella, col solo vitto tenuissimo che le somministrava il monasterio, ch'era per lui abondantissimo, astratto da tutte le cure de' governi. Tutta la sua vita era in tre cose occupata: il servizio di Dio, i studii e le conversazioni. A quello era assiduo, non pretermettendo mai di trovarsi a' divini offizii. A' studii dopo l'orazioni private, dava tutta la mattina, che cominciava sempre avanti il levare del sole; ma d'ordinario preveniva ancora l'aurora sin all'ora degl'offizii comuni. Il tempo pomeridiano era diviso ora in operazioni di sua mano, nelle trasmutazioni, sublimazioni e cose simili, o nelle conversazioni degl'amici, ch'erano i letterati et insigni personaggi di Venezia, e forestieri che vi capitassero.
Il ridotto in Venezia era nel mezato menzionato e nella bottega del Sechini, in Padova, ove spesso si trasferiva, la casa di Vicenzo Pinelli, ch'era il ricetto delle muse e l'academia di tutte le virtú in quei tempi. Ma che stima facesse del padre il signor Pinelli lo mostrerà questo successo, del quale sono testimonii viventi, che so di nome, il buon Asselineo et il signor Sechini.
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