E non è ne' governi freno piú sicuro che il sapersi ch'i mali grandi siano possibili. Per tanto risolse il padre fare l'ultimo sforzo per levare quelle divisioni, il che non si poteva fare se non andando egli in persona a Roma. Ma gl'attraversava la denoncia sopradetta della lettera con la cifra, e della communicazione con eretici. Perché, se bene vedeva l'insussistenza, e che 'l cardinale protettore non s'era mosso per instanze sopra ciò fattegli, benché ad inquisitori fossero state da lui commesse contra frati cause di leggierissimo rilievo ch'anco s'estinguevano, passato che fosse il ponto di votare in un capitolo, ch'era uno de' fini di tali menate, nondimeno considerava quello che può fare un grande sdegnato, ch'ha in mano il giudizio, come Santa Severina, capo della congregazione del Santo Offizio, e ch'in Roma, sotto Clemente, sapeva quanto fosse stato vicino al papato, e che non era totalmente estinto il dubbio se la sua elezzione fosse valida. Perciò Clemente pasceva l'umore del cardinale col lasciargli fare ciò che voleva. Oltre ch'era veramente un grand'uomo, attivo e che poteva e sapeva condur ogni negozio ove voleva, come è facile a' grandi valersi d'ogni pretesto e giustificare ogni cosa dopo fatta. E consultò co' suoi intimi sopra questo pericolo; et essendo i pareri che non potesse ricever danno, massime che da una gran quantità di lettere del cardinale (che sono ancora in essere, e le ho vedute, quando pensavo fare questa vita come un'istoria epistolare e ponerle dopo per argumento di quanto si scrive, se la longhezza e moltitudine non me lo dissuadeva) constava averlo in concetto di somma integrità, di gran prudenza e d'averlo desiderato in Roma et interessato nella corte.
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